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21 MAGGIO 2007

La Casa del Suono nell’ex chiesa di Santa Elisabetta

Storia di un restauro


Una Casa del Suono dove si levava, un tempo, la preghiera della clausura. Una nuova struttura, un centro di ricerca di livello internazionale dedicato al suono riprodotto, avrà sede all’interno dell’ex Chiesa di Santa Elisabetta in piazzale Salvo D’Acquisto a Parma. Lo spazio espositivo della Casa del Suono verrà presentato alla città nei prossimi giorni.  Un complesso intervento di restauro, operato dal Comune di Parma e coordinato dal Settore Lavori Pubblici con direzione dei lavori delle Soprintendenze competenti, ha reso possibile il recupero della chiesa, che faceva parte dell’antico monastero francescano di Santa Elisabetta d’Ungheria affidato in origine alle monache della Campana o della Colombina insediatesi a Parma nel 1487. Il primo oratorio del monastero risale a quel periodo ed era una piccola cappella affacciata su strada Sant’Anna. Nel 1600 le suore s’imposero la clausura e ampliarono la loro casa, che arrivò a occupare l’intero isolato nel 1669 avviarono la <belisima fabbrica di una chiesa> posta fra strada Sant’Anna e Borgo degli Studj. Il progetto fu firmato da Carlo Magnani, figlio del più celebre Giambattista, ma i lavori vennero sospesi a causa dell’eccessiva occupazione di suolo pubblico e solo nel 1674 la chiesa venne terminata.
Risulta atipico, nel contesto dell’architettura parmense del XVII secolo, l’impianto rinascimentale del tempio: per la chiesa di Santa Elisabetta è stata infatti pensata una pianta a croce greca che, su scala ridotta, evoca quelle della Steccata e dell’Oratorio  della Concezione non vi fu probabilmente consapevolezza o assimilazione, da parte del Magnani, della sintassi  barocca e delle sue implicazioni.
Il restauro di Santa Elisabetta e della retrostante “cappella delle monache” (cioè la parte riservata alle suore di clausura) è stato finanziato con i fondi statali 8 per mille per l’anno 2003 e si è basato sull’ approfondito esame diagnostico delle strutture, sull’interpretazione delle modifiche stilistiche dell’edificio e sulle analisi chimiche e stratigrafiche degli intonaci e dei dipinti. In accordo con le Soprintendenze si è quindi realizzato il pavimento, che era completamente mancante, sotto al quale è stato costruito l’impianto di riscaldamento e raffrescamento. Sono state inoltre consolidate le strutture e restaurati i paramenti murari con mattoni fabbricati a mano. Anche i dipinti, attribuibili a ignoti figuristi emiliani del primo ‘700, sono stati recuperati con rispetto delle cromie originali e consolidamento della pellicola pittorica. A Sebastiano Galeotti si devono probabilmente i due angeli a monocromo posti ai lati della piccola cappella di sinistra.
Il monastero di Santa Elisabetta subì nei secoli pesanti traversie: nel 1810 fu infermeria delle prigioni, nel 1815 caserma, nel 1816 alloggio per gli inservienti delle carceri, nel 1819 casa di correzione e poi reclusorio femminile, nel 1864 ospedale e successivamente scuola. Nel secondo dopoguerra ospitò sfollati e senza tetto, quindi venne demolito. Restarono solo la chiesa e l’annessa “cappella delle monache”, che vennero adibite a falegnameria poi a deposito d’archivio. 
Trasformata nella Casa del Suono con un felice allestimento espositivo ideato e realizzato dall’Istituzione Casa della Musica con il contributo della Fondazione Cariparma, l’ex chiesa di Santa Elisabetta è ora chiamata a nuova vita. Essa completa il trittico museale della Casa della Musica comprendente il Museo multimediale “L’opera in scena” e la Casa natale Arturo Toscanini.
 
 
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